Tempus fugit… è sempre attuale questa espressione latina in un mondo, quello contemporaneo, sempre più frenetico. Eventi, mostre, persino attività commerciali sono pensate per durare anche pochi giorni. Ma è una formula, quella dei pop-up event, che piace sempre più a giudicare dai numeri. Il Fuorisalone di Milano, nei giorni in cui a Rho-Fiera andava in scena il Salone del Mobile, è un esempio perfetto: circa 400mila persone si sono aggirate tra i quartieri e le installazioni cittadine.
Ma se da un lato questi appuntamenti si rivelano opportunità preziose per il tessuto sociale, economico e culturale cittadino, occorre considerare le sfide e le difficoltà che presentano a chi questi eventi deve allestirli e deve metterli in… buona luce.
Gli aspetti da considerare: flessibilità impiantistica e su misura
Gli eventi temporanei non sono una novità: è un formato che esiste da anni. Tuttavia ha preso particolarmente piede, specie in Italia, da EXPO 2015 in poi. Le persone hanno riscoperto, grazie a questi eventi, il piacere di incontrarsi, di assistere insieme ad appuntamenti nuovi di cui parlare e vivere in modo conviviale.
La formula, che prende sempre più piede, riguarda la necessità di ripensare spazi non convenzionali e non necessariamente ubicati nei centri storici, ma anche – e sempre più spesso – nelle periferie.
Per chi, come me, si occupa dell’allestimento si tratta di una sfida tecnica, tecnologica, progettuale e pratica interessante, ma certamente complessa. Dal punto di vista burocratico il sistema normativo urbanistico non favorisce questi cambi d’uso temporanei, considerati impropri se non illegittimi.
C’è da dire poi che gli immobili esistenti non sono stati progettati per essere flessibili per cui lo devono essere le dotazioni impiantistiche temporanee. Immaginiamoci, per esempio, un atrio di hotel che improvvisamente diventa uno showroom e si trova ad accogliere centinaia di persone. Questo determina uno scompenso dal punto di vista impiantistico, che rischia di compromettere il funzionamento dell’organismo edilizio o determinare un discomfort ai fruitori degli spazi. Proprio per risolvere questi problemi nel corso degli anni abbiamo individuato delle strategie che ci permettono di compensare queste mancanze tecnologiche.
Di recente sto lavorando all’interno di una chiesa sconsacrata abbandonata da diverso tempo per predisporre l’allestimento di una mostra d’arte. Si tratta di un luogo sottoposto, tra l’altro, dal vincolo dei beni culturali e da altre criticità e incompatibilità con gli oggetti da mettere in mostra. La domotica si è rivelata uno strumento prezioso: si è concepito l’impianto di illuminazione e di controllo, oltre all’alimentazione, sconnessi da cavi, liberi dai vincoli fisici costituiti da tracce e canaline cavi.
Gli spazi a vocazione industriale del Fuorisalone di Milano a Lambrate sono stati un altro luogo da ripensare. Qui mi sono trovato davanti a impianti elettrici fissi, ingombranti e non adatti alle esigenze curatoriali degli eventi espositivi.
L’illuminazione di laboratori e opifici infatti è caratterizzata da un modesto livello di resa dei colori, con prestazione media fornita dai 50 lx ai 100 lx, con ingombranti riflettori ad ampio raggio ed elementi illuminanti ad alogenuri metallici o vapori di sodio.
Durante l’esposizione di design temporanea i curatori pretendono che gli oggetti siano percepiti dai visitatori in modo chiaro, completo e immediato, anche durante una breve visione di qualche secondo.
E’ chiaro che esporre un prodotto in un luogo caratterizzato da livelli di illuminamento minimi e omogenei rischia di privarlo dello spessore, appiattendolo e non esaltandone colori e geometrie.
Diventa necessario utilizzare impianti che permettano di effettuare contrasti cromatici netti, di catturare l’attenzione di un visitatore distratto e comunicare un’emozione.
Come possiamo leggere, il progettista si trova dinanzi a un’attività “sartoriale” in cui ogni soluzione va pensata su misura in ogni contesto. L’unico denominatore è il soddisfacimento delle esigenze che vengono richieste per la mostra o l’evento da allestire. La prima domanda che pongo prima ancora di cominciare il lavoro è: «Cosa verrà messo all’interno?» Tutto il resto, compreso naturalmente il corredo impiantistico sarà una conseguenza.
Il ruolo dell’installatore
In uno scenario contraddistinto dalla rapidità di cambio degli ambienti e delle finalità altrettanto rapido deve essere l’installatore, sia a posare sia a rimuovere. Molto spesso i tempi di allestimento e di rimozione sono molto brevi. Solo per fare un esempio: per disallestire il Fuorisalone 2017 negli spazi di Lambrate ci sono voluti un paio di giorni, per allestire poco di più.
L’ausilio dei LED e della domotica
La tecnologia aiuta non c’è dubbio. Partiamo dall’illuminazione a LED. Essa ha diversi vantaggi: si tratta di elementi compatti e discreti, che richiedono un’alimentazione bassa, con una durata molto elevata e sono altamente modulabili. A volte capita che la resa estetica dei sistemi di illuminazione tradizionali rubi la scena all’oggetto che devono illuminare, o che un impianto temporaneo sia “troppo potente” per il quadro elettrico esistente della location. La tecnologia LED, oltre a risolvere i problemi di potenza, ci permette di dare il giusto risalto a quello che vogliamo mostrare, realizzando contrasti di luminanza focalizzati sugli oggetti esposti (dai 1000 lx ai 2000 lx), con una key light laterale esaltarne profondità e geometrie e, non ultimo, di dare specifici colori alla luce.
Per quanto riguarda la domotica, già il fatto di avere un controllo remoto delle componenti impiantistiche di uno stabile in una “cabina di regia” permette di adattare in tempo reale le prestazioni fornite dai singoli impianti. Flessibilità infatti non significa solo facilità di posa e spostamento, ma anche parzializzazione dei livelli di prestazione erogata dalle componenti, adeguando i rapporti di luminanze, livello di illuminamento e grado di abbagliamento durante l’arco della giornata al naturale variare della luce solare.
L’avvento dell’Internet of Things e della smart home è ancora più prezioso: già oggi le reti di sensori e sonde all’interno degli spazi espositivi consentono agli impianti temporanei di regolare anche l’apertura o chiusura di tende, sistemi di oscuramento, impianti di riscaldamento, deumidificazione e ricambio d’aria in funzione di specifiche esigenze o del mantenimento del comfort igrotermico.
Sempre in termini tecnologici va considerata anche l’utilità dell’adozione di software specifici per la simulazione della resa finale di ogni progetto: prevendendo le performance dell’impianto LED, i costi di realizzazione e l’eventuale manutenzione predittiva. Grazie ad essi è possibile effettuare il rilievo geometrico dello stabile, la renderizzazione dell’allestimento, il calcolo degli impianti e una stima dei costi di installazione ed esercizio.
Di Pietro Agnelli - Ingegnere edile
Bibliografia
Moncada Lo Giudice, A. de Lieto Vollaro “Illuminotecnica”, Milano, Casa Editrice Ambrosiana, 2003;
Emanuele Loffarelli, “Led, power led e fondamenti di illuminotecnica. Caratteristiche, pilotaggio e applicazioni del diodo led che ha conquistato il mondo dell’illuminazione e dell’hobbystica. Schemari di impianti elettrici civili.”, Albino (BG), Sandit, 2016;
Corrado Rea, “Fondamenti di luministica. Teoria, tecnica e apparecchi per l’illuminazione artistica teatrale e dello spettacolo”, Milano, Hoepli, 2006.